Siamo persone che nel corso del loro cammino si sono perse. Ci siamo inoltrati, poco consapevolmente, in oscure paludi, all’inseguimento di perverse eccitazioni; abbiamo invocato e adorato false divinità nel tentativo di negare le nostre fragilità e di zittire le nostre paure.
Immersi nel fango della solitudine interiore, abbiamo affidato alle illusioni il compito di tirarcene fuori, intanto che usavamo la rabbia, come fanno i draghi col fuoco, per sputare su chiunque provasse a mostrarci una linea alternativa al nostro delirio; siamo diventati prede di noi stessi mentre vivevamo come predatori della comunità e, pur continuando a invadere gli spazi altrui, abbiamo chiuso i nostri dentro miseri confini.
Oggi, consapevoli di essere divenuti pietre dalla sabbia, cominciamo a legare i nostri progetti con quelli di chi, cresciuto su fondamenta più solide, è diventato capace di cercare la propria libertà senza ricorrere a facili eccitazioni; oggi, accanto a chi abbiamo visto in passato come preda, proviamo a diventare a nostra volta membri attivi di quel mondo che pensavamo ci dovesse tutto, senza averne noi alcuna considerazione.